Ronin – A Visions Novel è un romanzo tie-in della serie animata Visions, che ha debuttato sulla piattaforma televisiva Disney+ nel Settembre 2021.
Ispirato al primo dei nove episodi, intitolato Il Duello, la pubblicazione prosegue le vicende del misterioso viandante Ronin, apparso nel corto realizzato dallo studio di animazione digitale giapponese Kamikaze Douga e ambientato su un pianeta di inequivocabile ispirazione al Giappone feudale.
Scritto dall’autrice Emma Mieko Candon, al suo esordio assoluto, la pubblicazione risulta un unicum all’interno del panorama letterario della galassia lontana lontana, un esperimento che ha condotto a degli sviluppi davvero inaspettati.
Così come la serie animata, la vicenda narrata non è da considerarsi come appartenente al canone Star Wars, avvicinandosi maggiormente a quella che è la definizione comunemente intesa di Infinità.
- Titolo originale: Star Wars: Ronin – A Visions Novel
- Data di uscita: 12 Ottobre 2021
- Autore: Emma Mieko Candon
- Edito da: Del Rey
- Edizione: Copertina rigida, 336 pagine
- Prezzo: 25,92 € (Copertina rigida – ACQUISTA QUI) / 14,99 € (Kindle – ACQUISTA QUI)
“Traveler, Fox. What do I call you?”
There was a silence. “Whatever you like, I suppose.”
“That’s a lot of freedom.”
– L’incontro tra il Ronin e il personaggio del Traveler
Sinossi dell’editore tradotta
I Jedi sono i più fedeli servitori dell’Impero.
Vent’anni fa, i clan Jedi si scontravano tra loro, servendo potenti feudatari. Stufi di questo ciclo infinito, una setta di Jedi si ribellò, per riprendere il controllo del loro destino e reclamare il potere senza dover servire nessuno. Si fecero chiamare Sith.
La ribellione Sith fallì, abbattuta da dissidi interni e tradimenti, e i lord un tempo rivali si unirono nel creare un Impero…ma anche un Impero in pace non è privo di violenza.
Nelle terre più lontane dell’Orlo Esterno, un ex Sith viaggia accompagnato solo da un fedele droide e dai fantasmi di un’epoca meno civilizzata. Porta con sé una spada laser, ma dichiara di non essere affiliato a nessun clan Jedi, di non essere leale a nessun lord. Si sa poco di lui, compreso il suo nome, perché non parla mai del suo passato, e nemmeno dei suoi rimpianti. La sua storia è protetta come la rossa lama che porta al suo fianco.
Mentre il perpetuo ciclo di violenza della Galassia continua a interrompere il suo esilio autoimposto, ed è obbligato a duellare un enigmatico bandito che rivendica il titolo di Sith, diventa chiaro come non basterà continuare a viaggiare per superare i demoni della sua vita precedente.

Il Ronin e il fedele astrodroide B5-56 nell’illustrazione di Takashi Okazaki realizzata come concept e per il poster dell’edizione speciale Barnes & Noble del romanzo.
Cosa mi è piaciuto
La volontà di crederci…
Nonostante la serie animata su Disney+ abbia suscitato pareri fortemente contrastanti all’interno del fandom, il progetto nel suo complesso risulta comunque oggettivamente interessante e inedito all’interno del panorama starwarsiano degli ultimi anni.
Il fatto che Lucasfilm abbia deciso di dare fiducia a Visions, realizzando il seguito di uno degli episodi sotto forma di romanzo, dimostra una concreta dose di buona volontà nel voler sostenere progetti alternativi e lontani dalla concezione tipica della galassia lontana lontana.
Un plauso per l’opportunità data a un progetto minore.

Il Ronin sfodera la sua spada laser, che risulta essere sempre attivata. Immagine tratta dall’episodio Il Duello.
Cosa non mi è piaciuto
… Senza crederci abbastanza
Purtroppo, il primo elemento che mina le fondamenta della pubblicazione è la scelta di quale episodio sia stato selezionato per vedersi dato un seguito.
Per quanto estremamente particolare a livello visivo, Il Duello è indubbiamente una delle puntate più deboli (se non la più debole) del lotto per quanto riguarda il fattore Star Wars.
Applicando a una storia ormai tipica del cinema con ambientazione feudale giapponese (le opere di Kurosawa in primis), nell’episodio animato assistiamo semplicemente all’applicazione di una patina sotto forma di volti alieni e armi, che permette di conferire il nome Star Wars al tutto.
Nel suo complesso, Il Duello soffre enormemente il suo essere un omaggio a una cosa che, per certi elementi, è già a sua volta un omaggio. Generando così una sorta di corto circuito di citazioni che impedisce all’elemento audiovisivo di avere una sua identità all’interno della galassia lontana lontana, si comprende come, di tutti gli episodi a disposizione, si sia optato sì per quello più tonitruante a primo impatto, ma con meno anima di tutti.
Sarebbe stato molto più opportuno approfondire personaggi provenienti da corti assai più riusciti, come I Gemelli, La Sposa del Villaggio, Il Nono Jedi e Lop & Ocho.
Tralasciando temporaneamente tutte quelle che sono le problematiche di premessa e di scrittura che affliggono Ronin – A Visions Novel e del quale si accennerà in seguito, risulta importante soffermarsi anche su quello che viene consegnato al lettore a livello di mera storia.
Ridondante nei suoi cliché giapponesi, largamente noti a chiunque abbia un minimo di conoscenza della cultura in questione, la vicenda è quanto di più pigro si possa immaginare, nonché priva di qualsiasi guizzo.
Non solo la premessa letteralmente invalida la conclusione dell’episodio animato, resuscitando l’antagonista Sith Kouru, ma è proprio sintomo di un voler a tutti i costi giocare sul sicuro.
La Sith non è il personaggio di Darth Sidious, per il ritorno del quale ne Il Lato Oscuro della Forza o in Episodio IX la maggior parte dei fan ha accolto positivamente la notizia dopo un’assenza di decenni, pertanto il suo immediato ripescaggio assume una connotazione fortemente negativa agli occhi di chi legge.
Ad aggravare ulteriormente questo elemento è chi e perché compie tale gesto nei confronti della combattente: il peggior esempio di deus ex machina letto da molti anni a questa parte, un espediente narrativo talmente banale, debole e abusato da rasentare l’esasperazione al momento della rivelazione.
La vicenda inedita vera e propria ha inizio quando Kouru, sconfitta dal Ronin, viene resuscitata dalla magia oscura di una strega. Questa voce sinistra guida la giovane Sith nella sua ricerca di vendetta nel corso delle pagine della pubblicazione, incitandola a dare la caccia a colui il quale l’ha sconfitta.
Solo nell’ultimo terzo del romanzo si scopre che la misteriosa strega non è altro che la figlia del protagonista armato di spada laser, in cerca di vendetta nei confronti del padre.
Complessivamente, la vicenda non attira minimamente l’attenzione, risultando farraginosa e lenta. Un altro modo per definire la pubblicazione sarebbe un guazzabuglio di idee che procede col freno a mano tirato, incapace di appassionare persino nei frangenti che – se gestiti in maniera differente – avrebbero potuto dotare l’opera di un minimo di carattere.
Si evidenzia come la prima parte del volume rinarri gli eventi dell’episodio animato nella loro interezza.
Dilettanti allo sbaraglio
Senza troppi giri di parole, Ronin – A Visions Novel è un vero e proprio incubo da leggere, insostenibile nella sua pesantezza e nella sua mancanza di contenuti.
Come già esplicitato, la storia è praticamente impossibile da seguire nella sua successione degli eventi, eccessivamente dilatati ed eccedenti in dialoghi e descrizioni del tutto sovrabbondanti. Le scene d’azione sono estremamente confusionarie, così come i momenti più introspettivi e tranquilli, mal costruiti e che costringono spesso e volentieri a tornare indietro di qualche riga per meglio comprendere il filo logico.
Probabilmente sarebbe stato possibile raccontare tutta la vicenda con un numero di pagine pari alla metà di quelle inserite nella pubblicazione finale.
Purtroppo, però, è la scrittura a essere il tallone d’Achille dell’intera opera.
In prima istanza si evidenzia un elemento che rende impossibile affrontare in maniera continuativa i capitoli di Ronin – A Visions Novel : l’uso ubiquitario e soffocante dei pronomi e degli aggettivi, in particolare quelli possessivi per specificare in continuo, anche quando assolutamente superfluo, a chi appartiene cosa.
In una frase tipica del romanzo (“He couldn’t trust her with his life, but he could trust her not to lie. She didn’t like to, and she never did what she didn’t like.”) si hanno davvero troppi elementi che rendono la lettura un’esperienza frammentaria e risulta davvero impossibile sorvolare su tale semplicità di costruzione sintattica. Se, in aggiunta, tale formula viene reiterata per centinaia di pagine risultano evidenti le debolezze intrinseche del romanzo.
Altro problema concerne l’impego di termini assolutamente distanti dall’uso comune o, peggio, esclusivi di alcuni sottolinguaggi del web e di parte della cultura statunitense che ancora non sono diffusi non solo in Europa, ma negli stessi Stati Uniti.
Il voler complicare eccessivamente qualcosa non fluido di suo, rivolgendosi esclusivamente a una fetta di pubblico, sicuramente esclude una buona fetta dei potenziali lettori domestici e d’oltreoceano, rendendo la lettura un’esperienza assolutamente non appagante o rilassante.
A complicare ulteriormente il tutto vi sono dei personaggi che, a seconda del punto di vista, vengono chiamati in due o tre modi diversi nel giro di pochissime pagine.
L’optare per tale scelta non fa altro che confondere in maniera gratuita il lettore, probabilmente già poco attento alla successione degli eventi. Tale usus scribendi denota una poca attenzione ai destinatari del manoscritto e altrettanto scarsa consapevolezza di quanto è stato prodotto dalla penna.

Genbara, il pianeta dell’Orlo Esterno nel quale si svolge l’episodio e la prima parte della pubblicazione.
Un altro elemento centrale della pubblicazione riguarda l’obiettivo – conclamato e ribadito più volte – dell’autrice di voler in primissima istanza realizzare un’opera che rappresentasse quanto più possibile il mondo LGBT+ (ricordiamo l’approfondimento dedicato).
La narrativa è stata da sempre utilizzata dai vari autori come mezzo per veicolare valori e messaggi, ma la differenza tra un obiettivo centrato e un goffo sforzo risiede tutto nell’abilità di chi scrive nell’amalgamare le tematiche trattate alla storia, dimodoché il tutto risulti coeso e organico, senza frangenti che straniscano o distolgano dalla lettura.
Fortunatamente Star Wars è pieno di ottimi esempi davvero ben riusciti negli ultimi anni, in merito alla specifica tematica sopra affermata.
Basti pensare alla Dottoressa Aphra e alla sua relazione con Magna Tolvan, alla figura di Vi Moradi in Black Spire, senza dimenticare Sinjir Rath Velus in Aftermath, Taka Jamoreesa in Last Shot e il duo Terec e Ceret ne l’Alta Repubblica (per questi ultimi tre esempi un plauso rispettivamente a Multiplayer Edizioni, Mondadori e Panini Comics per aver reso in italiano l’orientamento dei personaggi con soluzioni differenti, ma tutte comunque efficaci).
In Ronin – A Visions Novel, tale discrepanza tra messaggio e narrazione viene accentuata ulteriormente dal fatto che venga impiegato continuamente il pronome “they” per la figura del Traveler, un personaggio non-binario.
L’impiego ubiquitario dei pronomi da parte dell’autrice, congiuntamente all’utilizzo del “they” e varianti riferito al singolo individuo nelle scene corali, rende estremamente arduo comprendere a volte a chi si faccia riferimento.
Sarebbe stato più opportuno prendere dei semplici, ma efficaci, accorgimenti in tal senso, come ad esempio far sì che il personaggio enunciasse il genere con il quale si identifica, risparmiando al lettore innumerevoli situazioni che distolgono dall’immersione nella vicenda, oppure usando altre soluzioni intraviste negli ultimi anni, come il pronome zhe/zher.
Tutti gli elementi evidenziati in negativo sinora sono dovuti al fatto che la Candon sia praticamente al suo esordio: non solo si tratta della sua prima opera pubblicata col marchio Star Wars, ma in assoluto.
La scelta di affidare un romanzo con un marchio così importante all’esordio per una scrittrice appare come priva di ogni logica, una decisione ingiustificata e ingiustificabile sotto ogni aspetto.
Si ritiene opportuno specificare che le mancanze della Candon sono sicuramente dovute all’inesperienza; il vero “colpevole” del prodotto assolutamente non riuscito è da individuarsi nelle persone preposte all’interno della casa editrice, che hanno affidato la realizzazione dell’opera a una figura ancora non in possesso di un adeguato livello di competenze.
“Healers,” she said, “artisans, defenders. Monks! Servants of the weak and of the gods. Then they pledged themselves to their lords instead of to the people, and look what’s become of them. Sword this, sword that. And they’re not even as good as they think.”
– Chie, sul ruolo dei Jedi nell’Impero
Commento finale
Non è un romanzo Star Wars, non è un romanzo storico dalle tematiche giapponesi: Ronin – A Visions Novel sa solamente quello che non è.
Una storia estremamente claudicante e piatta (corredata da personaggi impalpabili) viene affossata da uno stile di scrittura assolutamente non all’altezza per una pubblicazione ambientata nella galassia lontana lontana.
L’impiego compulsivo di pronomi e termini di uso assolutamente non comune rende la lettura un’impresa titanica, in grado di frustrare anche l’individuo più bendisposto. Il dipanarsi degli eventi è qualcosa di altrettanto tragico, dove la confusione e la ridondanza rendono praticamente impossibile non perdere il filo della narrazione in molteplici punti.
La commistione di tutti questi elementi restituisce un’esperienza nel complesso assolutamente negativa, provata fortunatamente solo poche volte in precedenza, che lascia l’amaro in bocca per tutte le occasioni e gli spunti non colti.
Un’occasione importante concessa a un prodotto minore viene pertanto irrimediabilmente perduta, rendendo impossibile consigliare l’acquisto del romanzo. Apocalisse narrativa.
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Sul nostro canale YouTube potete recuperare i nostri commenti ai nove capitoli che compongono la serie Visions:
– Empire of the Twin Suns Episodio 1;
– Empire of the Twin Suns Episodio 2;
– Empire of the Twin Suns Episodio 3.