È una trappola! The Mandalorian non accenna a interrompere la propria marcia trionfale, offrendo allo spettatore, ancora una volta, un’ottima puntata caratterizzata da moltissima azione e da un incredibile colpo di scena finale. Come di consueto, Star Wars Libri e Comics presenta, in contemporanea con l’uscita globale su Disney+, l’analisi del sesto episodio della seconda stagione di The Mandalorian, scritto da Jon Favreau, diretto da Robert Rodriguez e intitolato Capitolo 14 – La Tragedia.
The Mandalorian, Capitolo 14 – Sinossi
Su indicazione di Ahsoka Tano, Din Djarin e Grogu raggiungono Tython, decisi a trovare un Jedi disposto ad addestrare il bambino. Il prossimo pericolo, tuttavia, è proprio dietro l’angolo. Anzi: i prossimi pericoli…
The Mandalorian, Capitolo 14 – Analisi e easter egg [CON SPOILER]
Come già avvenuto in occasione delle puntate precedenti, l’episodio odierno si apre con un preambolo che mostra il ritrovamento del corpo di Fennec Shand nel Capitolo 5, le macchinazioni di Moff Gideon nel Capitolo 12 e l’incontro con Ahsoka Tano nel Capitolo 13. Le immagini sono poi seguite dall’ormai inconfondibile sigla iniziale della serie, composta di una carrellata degli elmi più iconici dell’intera saga di Star Wars.
Sistema di Tython. Mentre la Razor Crest si dirige verso il pianeta omonimo, i due occupanti della cannoniera, l’ex-cacciatore di taglie mandaloriano Din Djarin e il piccolo Grogu, trascorrono insieme un breve momento ricreativo. Scoperto il nome del giovanissimo esemplare appartenente alla stessa specie dei Maestri Jedi Yoda e Yaddle, il Mandaloriano si diverte infatti a ripeterlo allo sfinimento, suscitando ogni volta la reazione sorpresa di Grogu; quest’ultimo, dal canto suo, continua a giocare con il pomello sottratto a una delle numerose leve della Razor Crest. Come già avvenuto su Corvus nel Capitolo 13, inoltre, Din incoraggia Grogu nell’uso della Forza, tentando di aiutarlo a superare le proprie paure. Allo stesso tempo, tuttavia, l’ex-cacciatore di taglie pare riflettere malinconicamente su una possibile separazione dal piccolo, sbottando la proverbiale imprecazione dank farrik! e provando successivamente a convincersi della necessità di riportare Grogu al posto a cui appartiene o di affidarlo a un Jedi che sappia addestrarlo.
Un paio di rapide inquadrature al navicomputer della Razor Crest rivelano dunque la mappa della galassia, dove un piccolo simbolo giallo pare indicare Tython, nel Nucleo Profondo, come già confermato dal fumetto Dottoressa Aphra (2016) #40, mentre un puntino rosso potrebbe collocare il già citato Corvus nell’Orlo Esterno, probabilmente nei pressi di pianeti come Dantooine, Lah’mu o Muunilinst. In seguito all’ingresso della cannoniera nell’atmosfera di Tython, lo schermo trasmette dunque una rappresentazione del pianeta, di cui evidenzia uno specifico punto nei pressi dell’equatore. Si tratta, naturalmente, delle rovine del tempio Jedi menzionate da Ahsoka Tano nel Capitolo 13, un gigantesco anello megalitico al centro del quale si trova la misteriosa pietra veggente, una grande roccia semisferica ricoperta di antichi segni; non è chiaro, tuttavia, se si tratti di caratteri alfabetici, magari appartenenti a sistemi di scrittura ormai perduti, come il Protobesh, o di semplici simboli rituali.
Attraccata la Razor Crest alle pendici dell’altura e raggiunto il megalite con l’ausilio del jetpack, Din pone Grogu sulla pietra veggente, sperando che questi riesca a entrare in comunione con la Forza. I dubbi, le paure e la mancanza di fede del Mandaloriano si palesano con un lungo monologo composto di molte domande e nessuna risposta. I pensieri di Din, tuttavia, sono presto distolti dall’arrivo di una nave a lui ignota, ma inconfondibile agli occhi dei fan più sfegatati: si tratta infatti della Slave I, il famosissimo intercettore di classe Firespray-31 di Boba Fett e, prima ancora, del padre-clone Jango Fett. Allarmato dalla presenza del velivolo, il Mandaloriano si volta per richiamare Grogu, ma trova il piccolo immerso in un impenetrabile campo di Forza. Impossibilitato a prelevarlo e, dunque, a fuggire, Din decide quindi di guadagnare tempo. Si noti che, poco prima della comparsa del campo di Forza, Grogu viene raggiunto da una farfalla azzurra, come accaduto a Darth Vader durante la visione sperimentata su Mustafar in Darth Vader (2017) – Fortezza Vader.
Disceso il pendio, Din si ritrova bersaglio di una raffica di blaster; riparatosi dietro una roccia, il Mandaloriano riesce finalmente a scorgere lo stesso individuo sfigurato, ammantato di nero e armato di fucile e bastone gaffi (o gaderffii) inquadrato sul finale nel Capitolo 9: si tratta nientemeno che del redivivo Boba Fett, sopravvissuto al Sarlacc del Grande Pozzo di Carkoon, interpretato e doppiato in italiano, come suo padre Jango Fett e tutti i soldati clone del Grande Esercito della Repubblica in Episodio II – L’Attacco dei Cloni e Episodio III – La Vendetta dei Sith, rispettivamente da Temuera Morrison e Roberto Pedicini. Rispondendo alle domande di Din, Boba afferma di averlo seguito per ottenere un’armatura: la sua, quella che il Mandaloriano ha ricevuto da Cobb Vanth. Egli, spiega, cerca modestamente di farsi strada nell’universo, come suo padre prima di lui: si tratta di una doppia citazione, rispettivamente a Jango Fett in Episodio II – L’Attacco dei Cloni e a Luke Skywalker in Episodio VI – Il Ritorno dello Jedi.
Din, ancora una volta, è irremovibile: Boba non segue il Credo, né si è identificato come Mandaloriano e, se non desisterà dai suoi scopi, sarà ucciso. Quest’ultimo, tuttavia, ha un’arma segreta: si tratta di Fennec Shand, data per morta nei deserti di Tatooine, come Boba, e da lui salvata, in seguito agli eventi del Capitolo 5, con l’ausilio di protesi cibernetiche addominali. La tiratrice scelta, appostata su di un’alta roccia, è infatti pronta ad aprire il fuoco contro Grogu qualora Din uccidesse il suo nuovo padrone. L’apparentemente inestricabile stallo alla tatooiniana viene ben presto risolto dall’intervento dello stesso Fett che, fatto gettare ogni tipo di armi ai contendenti, propone un accordo onesto, date le circostanze: la propria armatura in cambio dell’incolumità del Mandaloriano e del bambino. Le trattative sono tuttavia interrotte dall’arrivo di due trasporti imperiali carichi di assaltatori. Tornato di gran carriera verso la pietra veggente, Din viene, ancora una volta, respinto dal campo di Forza che attornia Grogu, rimanendo a terra privo di sensi.
Sebbene rimasti soli, Boba e Fennec provvedono a difendere l’altura dall’attacco degli assaltatori, approfittando del fatto di stare più alto di loro per bersagliarli durante la scalata o sfruttando i numerosi ostacoli naturali del luogo per tendere feroci imboscate corpo a corpo ai danni dei malcapitati militi imperiali. Neanche il ricorso a pezzi di artiglieria quali il cannone blaster a ripetizione pesante E-web o il mortaio paiono spaventare i due guerrieri: mentre Fennec riesce infatti a travolgere numerosi assaltatori facendo franar loro addosso un masso, Boba provvede a introdursi all’interno della Razor Crest e a recuperare la propria armatura. Ripresi i sensi, inoltre, anche Din si unisce allo scontro, fornendo nuova potenza di fuoco con i suoi dardi sibilanti. Vista la mala parata, i pochi assaltatori superstiti tornano a bordo dei propri trasporti e fuggono, venendo tuttavia distrutti poco dopo da un missile proveniente dal jetpack di Boba Fett. La battaglia sembra finita… O forse no?
Naturalmente no: la coltre di nubi nel cielo di Tython, infatti, nasconde il potente incrociatore leggero di classe Arquitens di Moff Gideon che, in segno di rappresaglia, apre il fuoco con i propri turbolaser, disintegrando la Razor Crest. Sebbene profondamente addolorato per la perdita della cannoniera, Din dimostra, ancora una volta, uno spiccato istinto paterno, scattando immediatamente alla ricerca di Grogu. Frattanto, a bordo del proprio incrociatore, Moff Gideon ordina l’attivazione dei soldati oscuri. Detto, fatto: pochi istanti dopo, una squadra di quattro droidi da battaglia abbandona la nave, dirigendosi a gran velocità verso la pietra veggente, dove il campo di energia si è definitivamente dissipato e il piccolo è caduto preda di un sonno profondo. A nulla servono gli sforzi di Din e Fennec: i due, infatti, non riescono a raggiungere la sommità dell’altura in tempo per evitare il rapimento di Grogu. D’altro canto, pur tenendo i soldati oscuri sotto il tiro della Slave I, Boba rinuncia ad abbatterli, onde evitare di colpire il piccolo.
L’incredibile azione a sorpresa lascia di stucco sia Boba, sia Fennec: nonostante sembri un’allucinazione da spezia, infatti, il temutissimo Impero, sconfitto definitivamente quattro anni prima durante la battaglia di Jakku del 5 ABY, è tornato. Dinanzi a questa scoperta, la tiratrice scelta pronuncia una frase tanto ambigua quanto problematica: l‘Orlo Esterno è giurisdizione della Nuova Repubblica. Tale affermazione, infatti, pare cozzare sia con la localizzazione di Tython nel Nucleo Profondo, sia con quanto asserito da Greef Karga nel Capitolo 12: secondo il magistrato, infatti, la Nuova Repubblica non sarebbe mai giunta nell’Orlo Esterno, dove neanche l’Impero si era stabilito. A pensarci bene, tuttavia, è possibile fornire una spiegazione per entrambe le presunte incongruenze: da un lato, infatti, è probabile che Fennec si riferisse a una giurisdizione di diritto, ma non di fatto; dall’altro, si può ipotizzare che la donna si riferisse all’Orlo Esterno come al margine estremo della galassia, garanzia, una volta ripulito, della totale assenza di imperiali superstiti.
A seguito della fuga nell’iperspazio dell’incrociatore di Gideon, Din si reca presso il relitto della Razor Crest; simbolicamente, della nave non restano che il pomello, tanto caro a Grogu, e la lancia in beskar donatagli da Ahsoka Tano nel Capitolo 13. È a questo punto che Boba Fett svela a Din le proprie origini, mostrandogli una parte del proprio codice a catena, che recita, in alfabeto mandaloriano: TROVATELLO / PRESO IN / L’ANNO CHE / CONCORD DAWN / MENTORE JAST / PADRE FETT / BOBA FETT. Si tratta di un riferimento al proprio passato e, in particolare, al passato di suo padre, Jango Fett, trovatello e veterano delle Guerre Civili Mandaloriane. Si noti che, in questo frangente, il codice a catena pare riferirsi a Jaster Mereel, mentore di Jango Fett nell’universo narrativo Legends. Un’altra menzione Legends risiede inoltre nella citazione di almeno un altro conflitto civile su Mandalore, oltre a quello del 42 BBY, durante la vita di Jango Fett: si tratta, con tutta probabilità, della Guerra Civile del 60-44 BBY, conclusasi con la sconfitta della Ronda della Morte.
Smentite le affermazioni di Almec nel corso della serie animata The Clone Wars e dimostratosi finalmente degno dell’armatura di suo padre, ritrovata ben venticinque anni prima, nel 16 BBY (come anche confermato da Scum and Villainy – Case Files on the Galaxy’s Most Notorious, secondo il quale, alla data del 20 settembre 19 BBY, Fett era ancora sprovvisto di tale corazza), Boba decide di onorare il proprio patto fino in fondo: aveva promesso l’incolumità di Grogu, ma così non è stato; lui e Fennec, dunque, aiuteranno Din finché quest’ultimo non riavrà il bambino sano e salvo. Tre persone da sole, tuttavia, non bastano per sconfiggere l’Impero: servono alleati e, soprattutto, alleati in grado di combattere e dotati di un’ottima mira. O, perlomeno, migliore di quella degli assaltatori. La Slave I salpa dunque per Nevarro, dove Din intende conferire con lo sceriffo del luogo, l’ex-incursore dell’Alleanza Ribelle Carasynthia Dune di Alderaan.
Nevarro. All’interno dell’ufficio di Cara Dune, Din apprende che, finalmente, quest’ultima è tornata pulita agli occhi della Nuova Repubblica e che è stata dunque perdonata per la diserzione perpetrata qualche tempo dopo la battaglia di Endor del 4 ABY, ricevendo inoltre una mostrina ufficiale per mano del pilota di Ala-X Carson Teva, come mostrato nel Capitolo 12. Din arriva subito al sodo: ha bisogno nientemeno che di far evadere un criminale, lo stesso Migs Mayfeld visto nel Capitolo 6, catturato nei pressi di Dilestri e condannato a cinquant’anni di lavori forzati presso i Campi di Karthon. Benché riluttante, Cara decide tuttavia di aiutare Din non appena scopre che Grogu è stato rapito da Moff Gideon. In questa sequenza è possibile notare numerosi brutti ceffi presenti nel registro carcerario; tra questi si annoverano Vorg Alsum (5 anni sul pianeta prigione Delrian, qui ricanonizzato per la prima volta, per furto di speeder), Nilox Cabin-Roves (20 anni nella Prigione Sunspot, ambientazione principale di Star Wars (2015) – Prigione Ribelle, per falsificazione di crediti della Nuova Repubblica) Setbro Dagri, Torbill Danzin (Predone Tusken condannato a 20 anni nella Prigione Sunspot per il tentato omicidio di un senatore), Carto Deeves (35 anni nel Penitenziario di Wobani, pianeta già visto in Leia – Principessa di Alderaan e Rogue One – A Star Wars Story, per aggressione a pubblico ufficiale), M’dwello Di (Kajain’sa’Nikto che condivide specie e cognome con il Maestro Jedi Ima-Gun Di e con il criminale Rinnrivin Di, comparso nel romanzo Bloodline, condannato a 30 anni su Tamazall, qui ricanonizzato per la prima volta, per pirateria spaziale), Gapgrin Dozito (appartenente alla stessa specie di Scrapjaw Motito di Episodio VII – Il Risveglio della Forza e del minuto predone visto nel Capitolo 10 e condannato a 25 anni su Selnesh, qui ricanonizzato per la prima volta, per tentato dirottamento di nave spaziale), Yath Endidee (Quarren condannato a 40 anni su Virujansi per tentato omicidio e resistenza all’arresto), Ghosla Fular (Mon Calamari condannato a 30 anni nella Prigione Sunspot per falsificazione di valuta locale), Sart Juloss (di specie Hassk), Avrac Kefundee (25 anni nel Penitenziario di Wobani per aggressione a pubblico ufficiale aggravata), Thene Kross (Zabrak condannato a 30 anni su Oovo IV, luogo in cui Jango Fett rubò la Slave I nel 32 BBY, per furto di nave stellare e resistenza all’arresto), Chargutt Lo (Gamorreano condannato a 15 anni su Garen IV, qui ricanonizzato per la prima volta, per aggressione aggravata), Biran Redben (50 anni su Tamazall per malasanità), Pretts Rulato (50 anni su Clak’dor V, qui ricanonizzato per la prima volta, per omicidio plurimo e negligenza industriale), Unga Toba (di specie Aqualish), Scurto Tobbs (45 anni nei Campi di Karthon per contrabbando di merce di classe 4) e Borbin Todds (Aqualish condannato a 25 anni su Jubilar, qui ufficialmente ricanonizzato per la prima volta, per favoreggiamento).
Incrociatore di Moff Gideon. All’interno della propria cella, Grogu tenta in ogni modo di liberarsi aggredendo gli assaltatori presenti, senza timore di ricorrere, con grande soddisfazione da parte di Gideon, al lato oscuro della Forza e allo strangolamento. Come prevedibile, tuttavia, l’utilizzo prolungato della Forza lascia il piccolo stremato, completamente privo di forze e in balìa degli sbeffeggiamenti del Moff che, perfettamente a conoscenza del passato Jedi di Grogu, gli mostra la Spada Oscura di Tarre Vizsla. Dopo questo breve monologo dinanzi al bambino, Gideon ordina ai propri soldati di stordirlo e ammanettarlo e comanda all’ufficiale addetta alle comunicazioni di informare il dottor Pershing della cattura del donatore, il cui sangue è indispensabile per i presunti esperimenti di clonazione. Come al solito, la conclusione di questo episodio lascia lo spettatore con numerosi interrogativi: perché Moff Gideon conosce il passato di Grogu? Perché ha rubato la Spada Oscura? Riusciranno i nostri eroi a liberare Grogu e, prima ancora, a liberare Mayfeld?
Vi ricordiamo che discuteremo nel dettaglio di questo episodio durante la sesta puntata della nostra nuovissima rubrica Sundari Nights Live, in diretta su YouTube e Facebook lunedì 7 dicembre 2020 alle ore 21:00 e disponibile su Anchor, Breaker, Google Podcasts, Pocket Casts, RadioPublic e Spotify a partire da martedì 8 dicembre 2020!
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gabri47tano
bell’episodio…. ma povera crest
Giovanni De Bonis
Concordo, non me l’aspettavo. Non è come vedere il Falcon distrutto, ma quasi :/